Il duca di Sabbioneta sostenne, con la sua politica, il concetto di "patria", sebbene in realtà egli non avesse una "patria" o, meglio, questa fosse l'Europa. Il critico letterario Franco Canova ne discute con l'Autore del libro.
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Il Duca convisse con una malattia a lui ignota, la sifilide |
Sarzi Amadè, il Suo libro, "Il duca di Sabbioneta" ha restituito a Vespasiano Gonzaga la sua reale dimensione europea. Ma allora, par di capire, il Duca non era di Sabbioneta?
Nacque a Fondi, allora nel regno di
Napoli, nel contesto dell'aristocrazia napoletana legata alla Spagna. E rimase a Napoli fino ai tredici anni. Si formò quindi tra modelli napoletani e spagnoli.
Dove abitò allora?
Secondo la norma, ogni anno, egli avrebbe dovuto trascorrere sei mesi nei suoi Stati lombardi, e i restanti sei nei suoi
feudi napoletani. Altrimenti come avrebbe potuto curare i propri interessi? Ma anche questo si rivelò possibile solo in alcuni anni.
Perché?
Ma, scusi, dal 1551 al 1557, quindi per sei anni, fu continuamente in guerra prima in Piemonte, poi nello
Stato Pontificio. Anni epici nella sua vita di soldato. Lo troviamo nel 1558 a Bruxelles, poi di nuovo in Piemonte a combattere...a quei tempi i viaggi non si facevano mica in treno. Solo quelli a
Bruxelles (e ne fece più d'uno) richiedevano mesi e mesi di cavalcate attraverso l'Europa.
Non ebbe quindi una vera e propria patria?
Possiamo dire che trascorse quasi un quarto della sua vita in Spagna, di cui un decennio senza interruzioni (compreso però il viaggio nel Nord Africa).
Ma i Gonzaga sono lombardi, di Mantova.
E' vero. Ma guardando la famiglia paterna, unica sua ascendenza lombarda, troviamo la trisnonna tedesca, la bisnonna e la madre napoletane, la nonna finalmente di
Genova. Cinque zie paterne erano sposate con signori napoletani. E lui crebbe piuttosto vicino a queste che ai Gonzaga. Come si fa a parlare di un personaggio
lombardo? Certamente fu "anche" lombardo (lo sono anche molti americani di quinta generazione!).
Ecco allora perché Lei lo definisce "un europeo errante".
Certamente: europeo per sangue, per mentalità e cultura. Errante perché era sempre in viaggio, per necessità ma anche per aspirazione, dal
Nord Africa al Belgio, dalla
Spagna al Sud Italia, alla Boemia, alla
Polonia.
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Vespasiano Gonzaga, ritratto forse dal Campi |
Ha dimenticato la nonna materna.
Giusta osservazione. Era Beatrice Appiani, figlia del principe di Piombino. Siamo di nuovo sul mar Tirreno. Anche perché il nonno materno di Beatrice era il duca di
Amalfi, altro napoletano. E la bisnonna materna, appunto, era la sorella di papa Pio II, dicevamo il fondatore di
Pienza, in
Toscana. Le donne allora partorivano presto, così per parte materna in un secolo si accumulava un maggior numero di generazioni che per parte paterna.
Si può dunque dire che il Dna accomuna coloro che maggiormente perseguirono il sogno della città ideale: Piccolomini, Gonzaga, Estensi...
Forse con una metafora. Non dimentichiamo che il biografo dev'essere un po' psicologo e un po' antropologo.
Dunque il Duca fu un italiano ante litteram?
Piuttosto un europeo oserei dire. Non dimentichiamo che l'Italia era allora il fulcro del pensiero e dell'
arte di tutta
Europa. Eppure, ciononostante, c'è ancora chi "bolla" il Duca di Sabbioneta come un personaggio locale, e il mio libro come un romanzo, anziché una
biografia. In tutta sincerità che bisogno ci sarebbe di scrivere un
romanzo su di un personaggio la cui vita è già tanto avventurosa, appassionante e circondata di mistero?
In che modo egli promosse il concetto di "patria"?
Innanzitutto "creandola" attraverso l'
urbanistica, l'
architettura, ma anche le leggi, che tendevano a rafforzare il concetto di
cittadinanza. Esse favorivano cioè i residenti rispetto i forestieri, penalizzando coloro che si trasferivano, temporaneamente o per matrimonio, altrove, e premiando invece quanti, da altri Stati, vi si stabilivano definitivamente.
Molti studiosi, dopo di Lei, si sono dedicati allo studio di Sabbioneta e del suo ideatore, organizzando una serie di convegni e iniziative in loco. L'hanno mai invitata?
No, mai. Nell'arco di trent'anni, dall'uscita del mio primo opuscolo, non una sola volta. Ma io sono fiero di ciò perché rimarca che mai ho goduto di protezioni, politiche o accademiche, invece tanto preziose in Italia. La presentazione dell'
Editio maior del mio libro, svoltasi il 19 maggio nel Teatro all'Antica (
qui il video dell'evento), è stata dunque in tutto e per tutto una novità. Ho dovuto attendere il 2013.