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martedì 7 giugno 2022

I Gonzaga si affacciano alla scena europea.

Dieci cardinali, due imperatrici, svariati viceré. I Gonzaga hanno dato fior di personaggi. Ma come è nata la Dinastia? e come ha potuto, muovendo da un'isola del Po, conquistare il podio della politica, fino ad incidere nella storia della Chiesa, dell'Italia, delle arti?



Luca Sarzi Amadè, I Gonzaga (Laterza).


 Non solo un blog sul duca di Sabbioneta, ma su tutto ciò che appartiene al suo "mondo". Questa premessa ci consente di parlarVi ora del volume "I Gonzaga. Una dinastia tra Medioevo e Rinascimento" (pagg. 32), Roma Bari, Laterza 2019 (in economica nel 2021). Non la semplice cronistoria, ma il "racconto" dell'ascesa della Dinastia attraverso i duri secoli del basso Medioevo fino al mattino del Rinascimento (narrazione che si conclude nel 1478, con la morte del più amato tra i Gonzaga: il marchese Ludovico II; sono quindi esclusi per forza di cose i secoli del massimo splendore e della decadenza).
 Breve sintesi. Dopo aver "militato" nelle file canossane, e aver armeggiato nelle burrascose "democrazie" comunali di Mantova e Reggio (ma anche nel clero) i Gonzaga, divenuti fiduciari e parenti dei signori della città (all'epoca i Bonacolsi), nel 1328 "fanno fuori" questi ultimi per impadronirsi del potere. Il colpo di Stato (non facile, ma "studiato" nei minimi dettagli) riesce. 
 Il racconto prosegue con sei generazioni di despoti, spesso in lizza tra loro, attraverso (almeno) un fratricidio, un uxoricidio, fino alla riunificazione dello Stato (che nel frattempo, per non scontentare tutti, era stato diviso tra fratelli), fino all'assoggettamento finale (alla Dinastia, finalmente monocefala) del vescovato e di tutte le più potenti istituzioni religiose (badie e monasteri) locali, all'ingresso del figlio secondogenito nel collegio cardinalizio (a soli 17 anni, a rigore insufficienti per ricoprire tale incarico), alla "rinascita" (economica, giuridica, civile, artistica, demografica) della città, dello Stato (di Mantova), insomma allo schiudersi del Rinascimento. Quest'ultimo è proprio il momento "fotografato" da Andrea Mantegna sulle pareti della Camera degli Sposi nel Castello cittadino, in quello che è considerato il primo, autentico ritratto di famiglia dell'era moderna (doverosamente riprodotto sulla copertina del libro). Come noto, in esso compaiono i principi al completo, i loro cortigiani, i domestici, i buffoni, gli ospiti (occasionali), persino gli adorati cani e un cavallo.
 Si tratta di un dipinto murale che "parla" meravigliosamente da solo raccontandoci esso stesso di più di quel che potssa fare ai nostri giorni qualunque servizio fotografico o televisivo. A tutt'oggi però, va precisato, non tutti i volti ritratti nell'Opera sono stati identificati (se non in minima parte).
 Il mito di una dinastia infatti passa in primo luogo attraverso i dipinti, anzi le sale che ne celebrano sui muri la mitologia.
 Alla Camera degli Sposi è anteriore la Sala del Pisanello (anch'essa oggi visibile a chiunque nel complesso del Palazzo Ducale), sulle cui pareti il più grande artista della sua generazione delineò, forse intorno al 1430, pagine epiche del mito (tutto nordico, eppure ai tempi ampiamente coltivato al di qua delle Alpi) di Re Artù.
 La dinastia dei Gonzaga infatti è legata a doppio filo con la leggenda del Sacro Graal, e in particolare con la vicenda del sangue di Cristo che, secondo la tradizione, Longino, dopo aver trafitto il costato del Messia, aveva condotto a Mantova, creando così le premesse per il culto della Reliquia, che i Gonzaga, nell'arco dei secoli, seppero sfruttare (in senso religioso, economico, politico) a proprio beneficio. Tale tematica, forse all'apparenza esoterica, costituisce il perno ideale dell'intera vicenda narrata.
 E' spesso difficile separare un mito dall'altro, e soprattutto la storia dal mito.
 Tuttavia è poco noto al grande pubblico che la dinastia disponesse anche di un proprio labaro. Proprio alle pareti della più antica tra le due sale, un occhio attento può individuare ancora oggi, nitidissime, le fattezze di un nano a cavallo, pavesato nei colori verde, bianco e rosso, a fasce verticali (incidentalmente gli stessi che vediamo oggi nella bandiera italiana). Forse infatti è soltanto un caso che proprio in una città sanguinosamente dominata nel corso del '300 dai Gonzaga (i quali ne edificarono, e certamente istoriarono, una poderosa cittadella, oggi non più esistente) -parliamo adesso, è ovvio, di Reggio Emilia-, sia nato, il 7 gennaio del 1797 il nostro, attuale, Tricolore.