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lunedì 23 novembre 2015

Un'evocazione del Casino del Giacinto?

Intorno al 1590 il duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, si fece costruire, nel mezzo della tenuta di Bosco Fontana, un Casino. Lo progettò un architetto cremonese, Giuseppe Dàttaro, che forse si ispirò al Casino del Giacinto di Sabbioneta, oggi scomparso.




Progettato da Giuseppe Dattaro per Vincenzo I Gonzaga
Il Casino del Bosco Fontana (ph. by Salvatore Minniti)




 Nel gennaio del 1580 il duca di Sabbioneta fu sconvolto da una terribile tragedia personale: la perdita, in circostanze tenebrose, mai chiarite, dell'unico figlio maschio, Luigi, da lui tanto desiderato. Il duca infatti non aveva fratelli consanguinei; non esistevano quindi altri discendenti di suo padre Rodomonte, e neppure del nonno Ludovico. Il figlio, "bellissimo" secondo le testimonianze, era quindi destinato a succedergli alla guida dei suoi Stati. Ciò apriva nuovi scenari successori sul confine tra il ducato di Mantova e i dominii spagnoli in Alta Italia.
 Negli anni immediatamente seguenti, il duca Vespasiano Gonzaga costruì, poco fuori le mura di Sabbioneta, anzi tra il castello (dove il figlio aveva trascorso i suoi ultimi giorni) e il santuario dei cappuccini (che il Duca stesso aveva voluto nel periodo della propria permanenza in Spagna), un singolare edificio, denominato Casino del Giacinto.
 Palazzi e affreschi della "città ideale" erano per lo più ispirati a temi della classicità greca e romana. Il nome di Giacinto evoca infatti la leggenda di Apollo, che, secondo la leggenda, durante una gara di lancio del disco, avrebbe involontariamente colpito l'amico e compagno di giochi Giacinto, provocandone la morte. Addolorato dell'incidente, il dio aveva creduto di riparare al danno commesso, trasformando, con i suoi poteri magici, l'amico in un fiore, i cui petali evocano la sagoma della lettera Y, iniziale, in greco, appunto del nome Giacinto. Proprio questo tipo di fiore infatti è caratteristico dei climi secchi, mediterranei, dunque non della Valpadana.




Forse Giuseppe Dàttaro si ispirò al Casino di Sabbioneta
Il Casino del Giacinto, fuori di Sabbioneta (in una mappa del '600)



 Del curioso edificio abbiamo poche testimonianze. Una carta seicentesca mostra la sommaria planimetria della cerchia murata di Sabbioneta, e parzialmente, ai margini del disegno, un Casino con torri cilindriche agli angoli. Esistono inoltre alcune rudimentali descrizioni risalenti ai primi decenni del '600, cioè a pochi lustri dopo la morte del Fondatore. Sappiamo che Vespasiano Gonzaga era solito replicare, nella città da Lui ideata, edifici visti nel corso dei suoi viaggi in Europa. Alcuni esempi sono il Teatro, la Galleria degli Antichi, il Palazzo Ducale. Non sappiamo però quale prototipo avesse ispirato il Casino del Giacinto, per il quale gli storici dell'arte propongono un modello francese, sebbene il Duca non avesse attraversato la Francia che due volte, per raggiungere frettolosamente l'amata Spagna (una di queste ancora fanciullo), ed un'altra per ritornarne. Viaggi compiuti in condizioni difficili, e in tempi limitati, che ben difficilmente gli avrebbero consentito di soffermarsi a contemplare, e a ritrarre, monumenti.
 Se il Casino di Sabbioneta è ormai perduto, conosciamo tuttavia in ambito gonzaghesco una palazzina analoga. Parliamo del Casino del Bosco Fontana. Questo fu costruito intorno al 1590, quindi un decennio più tardi, al centro del ducato di Mantova. Committente il duca Vincenzo I Gonzaga, cugino alla lunga di quello di Sabbioneta. Progettista Giuseppe Dattaro, detto Pizzafuoco, un architetto di razza, rampollo di una famiglia cremonese di architetti legata allo straordinario cantiere della Cattedrale di Cremona. Ma anche ai Gonzaga di Guastalla, che, come il cugino di Sabbioneta, andavano costruendo allora, sulle rive del Po, anch'essi una propria "città ideale". Proprio il Casino di Bosco Fontana potrebbe essere -ricordiamo: in via del tutto ipotetica- una replica, non sappiamo se e in quali termini, del precedente, scomparso Casino di Sabbioneta.